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Riprendo in questa sezione la pubblicazione de Il dialetto di Basaluzzo, una dispensa scritta nel 2002 dal sottoscritto per estendere anche al basaluzzese le normali regole grammaticali e di scrittura previste per la lingua piemontese.
Se già a suo tempo avvisavo il lettore della cronica incompletezza, a maggior ragione oggi devo sottolineare che la dispensa in oggetto presenta molte lacune ed errori di cui - non avendo tempo per apportare le dovute correzioni - non posso far altro che scusarmi.
Posso solo ricordare che il mio intento non era quello di fornire uno strumento esaustivo, bensì un primo contributo verso un'opera più completa ed organica. In ogni caso ritengo opportuno riproporre - oltre all'intera dispensa in formato .
pdf - il primo capitolo dedicato alle grafìe e alle pronunce in formato html.



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il testo intero de
Il dialetto di Basaluzzo
in formato PDF.
L'alfabeto

L'alfabeto piemontese si compone di 7 vocali (a, e, ë, i, o, ò, u), una semivocale (j) e 17 consonanti (b, c, d, f, g, h, l, m, n, n-, p, q, r, s, t, v, z). In realtà il numero dei suoni vocali sale a 9 laddove si tenga presente la duplice pronuncia aper-ta/chiusa della e ed il dittongo eu.
I dialetti dell'alessandrino conservano del piemontese i tratti e le caratteristiche fondamentali, presentando nel contempo significative differenze fonetiche. Esse consistono essenzialmente in influssi liguri e lombardi, dovuti alla contiguità geografica e ai retaggi del lontano passato.
Conseguenza diretta di questo aspetto è una estensione forzata dell'alfabeto, che si arricchisce così delle grafie necessarie a coprire l'intera gamma delle pro-nunce che si riscontrano in questi dialetti.
L'alfabeto basaluzzese è quello di seguito riportato.


Lettera, tipo di pronuncia, esempi


a - come in italiano: sainsa = senza.
ä - come l'italiana ò di "mangiò". (1) cä = casa.
b - come in italiano: bästa = basta.
c dura quando:
- precede h: säch = sacco;
- precede consonante: cräva = capra;
- precede a, ä, o, ó, u: cadaina = catena.
Dolce quando:
- precede e, é, è, ë, i: cëp = tiepido.
- è doppia in finale di parola: fricc = fritto.
- è separato con trattino da s sorda: s-cióp = schioppo.
d - come in italiano: dricia = destra.
e aperta quando:
- è in sillaba chiusa: erpi = erpice;
- ha accento grave in sillaba aperta: tèra = terra.
Chiusa quando:
- è in sillaba aperta: vedri = vetro;
- ha accento acuto in sillaba chiusa: sércc = cerchio;
- ha accento acuto su parole tronche: misté = mestiere.
ë - come la parola inglese "sir", ma più breve. (2) tëcc = tetto.
(eu) - come in francese. Non è una lettera dell'alfabeto ma ha suono vocale proprio: beu = bue.
f - come in italiano: fristé = forestiero.
g sorda quando:
- precede h: gheub = gobbo;
- precede consonante: gris = grigio;
- precede a, ä, o, ó, u: gät = gatto.
Dolce
quando:
- precede e, é, è, ë, i: gièra = ghiaia;
- doppia in finale di parola: mugg = mucchio;
- è separata con trattino da z: z-giäf = schiaffo.
Come in italiano ammette:
- gl-: agliäm = letame;
- gn-: gnaint = niente;
h come in italiano. a j'heu dicc (ho detto)
i come in italiano. finì (finire)
j si usa quando:
- sostituisce il gruppo italiano gli: mej = meglio;
- c'è un suono come nella parola "yacht": firmëja = formica;
- c'è una i tra due vocali: maja = mia. (3)
l - come in italiano: libri = libro.
m come in italiano. mär = madre, mare.
n come in italiano se è:
- in inizio di parola senza apostrofo: näs = naso; (4)
- nel corpo di parola, seguita da vocale (pëna = penna) o da consonante dentale o palatale (andä = andare);
- in finale di parola preceduta da consonante: quadern = quaderno;
- raddoppiata in finale di parola dopo vocale: ténn = tenere; (4)
faucale (come finale di gerundio inglese) se:
- è in inizio di parola apostrofata: vä 'ndré = va indietro;
- è nel corpo di parola seguita da consonante gutturale o sibilata: mancä = mancare;
- è in finale di parola preceduta da vocale: caon = cane.
n- n faucale davanti a vocale: bën-oi = buoni.
o - come la u italianalov = lupo.
ó - o chiusa italiana(5): dóna = donna.
p - come in italiano: pär = padre.
q - come in italiano: quädri = quadro.
r - come in italiano: rëoa = ruota.
s sorda quando:
- in principio di parola: sarä = chiudere;
- precede o segue consonante: snä = cenare; (6)
-
è doppia, dopo vocale, in finale di parola: óss = osso;
- è doppia tra due vocali: limässa = lumaca; (7)
- è separata da c dolce con trattino: s-ciapä = rompere;
Dolce quando:
- si trova tra due vocali: camisa = camicia;
- in finale di parola dopo vocale: väs = vaso.
t come in italiano: téntä = tentare.
u - in generale come la u francese; u italiana dopo q. (8): lus = luce quëindiss = quindici.
v - come in italiano: träv = trave.
z s dolce in principio di parola, vicino a consonante o separata con trattino da g dolce. zonn = giovane; pzä = pesare.

(1) La lettera ä non esiste nell'alfabeto piemontese ma è una prerogativa dei dia-letti dell'alessandrino, dove quasi sempre le a toniche si trasformano in o aperte.
(2) Sempre in deroga ai canoni del piemontese, ai dialetti dell'alessandrino è concesso di utilizzare la ë anche come carattere jolly per indicare vocali di gene-si anomala. Ecco spiegato, quindi, il cartello Fërsnèra (da leggere Farznèra) che si trova all'ingresso di Fresonara.
(3) L'uso della j è comunque di difficile codifica, nel senso che la distinzione fo-netica tra una i ed una j è spesso minima. Vi è poi il problema della corrispon-denza tra piemontese e basaluzzese, visto che il primo utilizza la j più larga-mente di quanto non sia necessario per il secondo.
(4) Le parole che iniziano per a, se seguono parole che terminano per vocale, perdono la a iniziale e la sostituiscono con un apostrofo.
(5) Nell'alfabeto piemontese con ó si indica la semplice variante tonica della o. L'uso qui spiegato è un'altra delle peculiarità dei dialetti alessandrini. Si noti che, nel basaluzzese, decade l'esigenza di mantenere nell'alfabeto la grafia ò.
(6) Fanno eccezione alcune parole come disdeut, disneuv, dosaint e tarsaint (diciot-to, diciannove, duecente e trecento, con grafia mutuata dal piemontese), dove questa s, che andrebbe letta di regola con pronuncia sorda, è in realtà dolce.
(7) La pronuncia va comunque impostata come se la s fosse singola.
(8) Talvolta è possibile incontrare anche dittonghi ue, ua, au che richiedono, in via eccezionale, la pronuncia italiana della u. Tra gli esempi si ricorda guèra (guerra), guardä (guardare) e càusset (calza). Trattandosi di forme alternative che convivono comunque con quelle tradizionali, si consiglia di non esportarle nel dialetto di Basaluzzo.


L'uso del trattino

Il trattino è un espediente grafico che serve ad unire ad una parola un gruppo che, isolato, non avrebbe graficamente significato. Il gruppo può essere:
- autonomo, come ad esempio le forme a-gh sëon (io ci sono), o-gh disa (gli di-ce) e così via;
- parte integrante della parola, da cui è separato unicamente per preservare la coerenza di pronuncia. Soprattutto nei verbi, si userà il trattino quando l'aggiunta di una desinenza o di una particella pronominale potrebbe modi-ficare più o meno sensibilmente la grafia della radice del verbo. Ad esempio si noti l'evoluzione dä/dägh/dägh-la che sta per "da/dagli/dagliela". Grammaticalmente parlando, il trattino non sarebbe stato necessario (le particelle pronominali si fondono con la voce verbale), ma la forma dägla si sarebbe troppo distinta dalla radice dägh.


 


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