8.
                Avvenimenti del secolo decimo nono
              
              Al sorgere del secolo XIX 
              Il secolo presente, di cui noi attraversiamo l'ultimo scorcio, 
              nel suo nascere venne salutato da una gran salve di artiglieria 
              e di moschetteria da parte delle potenze Europee ed un tanto fragore 
              di armi, dai nostri avi fu sentito ben da vicino, perchè 
              questo rimbombo partiva dalla vasta pianura di Marengo e di Frugarolo 
              e S. Giuliano. Questo grande avvenimento fu come la potente molla 
              che apparecchiò l'Italia in modo che nel giro di circa un 
              mezzo secolo riacquistò la primiera sua unità, libertà 
              ed Indipendenza. 
             Napoleone discende nuovamente in Italia
            Napoleone Bonaparte, primo fra i consoli della repubblica di Francia 
              sentiva il bisogno di rialzare il morale della nazione francese, 
              che grandemente si era ribassato colla sconfitta toccatagli sulla 
              Trebbia e sui piani di Novi Pasturana e Basaluzzo, per cui desiderava 
              di dirigere personalmente un grande fatto d'armi il quale richiamasse 
              a nuova vita ed a nuovo valore il suo esercito. Ne aveva ben donde 
              - Il Generalissimo - perchè il prestigio di Francia come 
              della sua armata nonchè del nuovo suo Governo - si era grandemente 
              scemato nei due anni di sua assenza mentre che egli trovavasi impegnato 
              nelle guerre d'Egitto. Per effettuare questo grandioso progetto 
              - dal quale, oltre al conseguire i sovraccennati vantaggi alla sua 
              nazione, pur gli nasceva la fede di cingere la sua fronte dell'imperial 
              corona - discese nuovamente in Italia con poderoso esercito passando 
              dalla frontiera savoiarda. Sul piano di Alessandria già stavano 
              pronti ad attenderlo i confederati - Austria e Russia - i quali 
              decisero di concentrare un potente esercito sulla vasta pianura 
              di Marengo onde dar ivi grande battaglia campale. In fatti il Generalissimo 
              dei confederati - il Melas - ravvisava adattissima quella pianura 
              che si stende da Marengo a Castel Ceriolo, e da San Giuliano a Frugarolo, 
              onde poter manovrare a suo bellagio con l'enorme Artiglieria e cavalleria 
              che teneva a sua disposizione. 
             Battaglia di Marengo
            Non mi farò qui a descrivere la battaglia di Marengo la 
              quale per quanto siasi a pochi chilometri a mezza notte di Basaluzzo, 
              ma non avendo toccato il suo territorio riuscirebbe perciò 
              un lavoro che non entra nel nostro compito - ma sia per mantenere 
              un pochino il filo storico, sia per l'importanza che ne addivenne 
              da questo fatto d'arme avvenuto vicino a Basaluzzo - mi accontenterò 
              di annotare solo certe date ed appunti che hanno tratto a questa 
              grande giornata campale, per causa della quale si riformò 
              poi la carta politica geografica di gran parte d'Europa. Il giorno 
              13 di Giugno 1800 il Generale Tedesco, Melas, uscì dalla 
              fortezza di Alessandria e mandava nuovi soldati a rinforzare la 
              sua retroguardia lasciata dal suo generale Otto a Marengo, punto 
              da lui riputato molto strategico per il suo piano di battaglia. 
              Il grosso del suo esercito si divideva in tre colonne le quali per 
              quel giorno non fecero movimenti di sorta. A queste risoluzioni 
              dei Tedeschi, non stettero inoperosi i Francesi, i quali dopo di 
              aver riposato due giorni a Stradella, presero sospetto dell'inazione 
              di Melas e s'avanzarono ad osservare più da vicino le di 
              lui mosse. Intanto le schiere repubblicane erano state accresciute 
              da quelle del generale Desaix, il quale era giunto dall'Egitto e 
              correva a raggiungere il Primo Console che lo aveva incaricato del 
              comando di due divisioni; in tutto potevasi annotare a trentamila 
              uomini l'interco corpo francese. Nella notte delli dodici alli tredici 
              di detto mese si stabilivano sulla Scrivia. Appena sorto il mattino 
              del giorno tredici passarono tutti la Scrivia, e si disposero nella 
              pianura di S. Giuliano. Ma il nemico non compariva ancora Napoleone 
              suppose allora che il Melas volesse fare una marcia di fianco, ed 
              aprirsi una comunicazione con Genova. Questa idea concepita dal 
              Bonaparte fa si che si decise a modificare il suo piano già 
              preconcetto e perciò comandò a Desaix che a grandi 
              marcie si portasse sulla sinistra di Tortona verso la strada di 
              Novi, ed osservasse i movimenti del Melas se tentava di penetrare 
              nella Liguria, e potendolo - se ciò avveniva - gli impartì 
              l'ordine di aprirsi un passo attraversando i paesi di Fresonara 
              e Bosco e mettersi in comunicazione con Acqui. 
             Prodromi della giornata
            Ma non fu che una supposizione questa, sorta nella fervida mente 
              di Napoleone ed in fatti verso le ore quattro pomeridiane si scorsero 
              le mosse a Marengo fatte dal Melas. Volò il primo console 
              su questo punto ed ordinò al suo generale Gardanne di attaccare 
              quel villaggio. Qui incomincia la grande azione e qui furono visti 
              sforzi estremi di valore e di prodezza d'ambe le parti, durò 
              il sanguinoso conflitto più di tre ore allorchè i 
              soldati di Otto improvvisamente si mettono in ritirata e lasciano 
              libero Marengo. Gardanne insegue e tenta di passare la Bormida ma 
              quelle rive erano state munite di artiglieria. La notte intanto 
              si avanzava e Bonaparte s'aggirava nei dintorni di Marengo muto, 
              pensoso ruminando nella sua mente il perchè i tedeschi si 
              presto avessero abbandonata quella posizione e non sapeva penetrare 
              l'intenzione del vegliardo generalissimo Tedesco. 
             La vittoria è della Francia
            Frattanto sorgeva il mattino del giorno quattordici Giugno e le 
              due imponenti schiere incominciano l'attacco e dopo un intera giornata 
              di imperterrito valore, da ambi le parti addimostrato la vittoria 
              sorrise ai Francesi ed il Melas dovette abbandonare ai Francesi 
              tutto il Piemonte e lo stao di Genova il Ducato di Parma e Piacenza, 
              e la più gran parte della Lombardia. L'armata Berthier per 
              ordine di Bonaparte entrò in Alessandria nella notte stessa 
              del giorno quindici. "Una vittoria francese distrusse venti 
              vittorie tedesche o Russe", così osserva lo storico 
              contemporaneo Carlo Botta che nacque nel 1766 e morì nel 
              1837. 
             Perdite avvenute da ambi le parti
            Ora veniamo alle dolenti note, conseguenza di si decisiva battaglia. 
              Morirono da parte degli Imperiali più di quattro mila soldati, 
              furono feriti settemila, e altrettanti restarono prigionieri. Dei 
              Francesi vi rimasero più di tremila uccisi e quattromila 
              feriti, e pochi restarono prigionieri i quali vennero ben tosto 
              liberati dai compagni che riportarono con loro venti bandiere tedesche, 
              trenta cannoni ed altre armi e trofei. Dello stato maggiore degli 
              Imperiali morì il generale Desaix e tre generali rimasero 
              feriti più Champaraux ferito mortalmente. I tedeschi in tutto 
              perdettero, la terza parte del loro esercito combattente. Ed i francesi 
              la quarta parte dei combattenti. 
             Basaluzzo fa parte del dipartimento di Marengo
            Dopo la vittoria che i francesi riportarono a Marengo, siccome 
              già osservammo, il Piemonte passò sotto il governo 
              repubblicano francese, nell'anno 1800. E nel 1804 la Francia aveva 
              proclamato l'impero in surrogazione della repubblica e nominato 
              Bonaparte Napoleone I Imperatore dei Francesi e Re d'Italia avvenne 
              che per commemorare la grande vittoria si creasse, in forza di legge 
              Marengo come capoluogo di Dipartimento (capo provinciale) per cui 
              in virtù di detta legge il Comune di Basaluzzo venne compreso, 
              siccome già lo era sotto Alessandria ma con l'appellativo 
              di Dipartimento di Marengo. Tutti gli atti pubblici sia amministrativi, 
              notarili che giudiziari si trovano con simile intestazione. Vennero 
              pure coniati delle zecche per commemorare tanta vittoria, le monete 
              da venti lire non che da dieci, e vennero chiamat Marenghini e mezzi 
              Marenghi. Basaluzzo stette sotto la Francia quattordici anni, cioè 
              quattro sotto il Governo Repubblicano e dieci sotto l'Impero. Nel 
              suo ben custodito archivio ancora si conservano tutti i documenti 
              che riguardano a questa epoca ed attirarsi nella sala comunale una 
              magnifica Mappa del suo territorio di quei tempi, che serve ancora 
              oggidì al catasto in uno, mentre si stà in attesa 
              del nuovo. Osservai pure ben conservati ancora i numeri del giornale 
              ufficiale del dipartimento di Marengo che in allora venivano pubblicati. 
            
             Basaluzzo viene posto sotto la diocesi di Acqui
            In questo frattempo cioè nel giorno diciasette luglio del 
              1803, venne emanato un decreto del cardinale Caprara autorizzato 
              da precedente Bolla pontifica per cui Basaluzzo, Fresonara, Francavilla, 
              ed altre parrocchie sive Communitates, ecclesiasticamente passano 
              dalla giurisdizione del Vescovo di Tortona e quella di Acqui e vi 
              rimangono sino al 17 Luglio dell'anno 1817. In quel torno di tempo 
              la politica cambia di aspetto e per i nuovi eventi, le Parrocchie 
              sopra riferite ritornano sotto la Mitra ripristinata dei successori 
              di S. Marziano. Di questa soppressione di Diocesi tortonese fu testimonio 
              il vescovo d'allora - Pio Bonifacio Fossati nobile Casalese dell'Ordine 
              dei P.P. Predicatori, Novantaseiesimo vescovo di Tortona che in 
              quell'anno ne reggeva le sorti, ed era Prevosto in Basaluzzo Don 
              Pacchiarotti nativo di Pozzolo Formigaro il quale fu l'ultimo Parroco 
              che rivestiva anche la carica di vicario Foranco. 
             Cessa la dominazione repubblicana e subentra Vittorio Amedeo 
              I nei nostri stati
            Proclamatosi nel 1814 la decadenza di Napoleone I ebbe fine in 
              Italia la dominazione Francese e la cara nostra Penisola viene frazionata 
              in tanti piccoli stati l'uno dall'altro separati da Dogana o barriere 
              che non producono che grandi disagi all'Industria al Commercio ed 
              all'Agricoltura, e sono un incaglio dell'eterna legge del progredire. 
              Tutti questi piccoli stati assunsero la forza di governo assoluto 
              e perciò la vita politica in Italia è assopita e più 
              non si risveglia se non nel 1847. Nel mese di Maggio del 1814 salpò 
              dall'isola della Sardegna il nostro Re Vittorio Amedeo I il quale 
              venne poi festeggiato al suo sbarco a Genova quindi al suo arrivo 
              a Novi, in Alessandria sino alla sua avita reggia di Torino. Fu 
              su per giù, nel giorno ventidue di detto mese che il Municipio 
              di Basaluzzo il Clero e il Popolo si radunarono nella Chiesa Parrocchiale 
              a rendere grazie a Dio che dispone dei troni, cantando un solenne 
              Te Deum. Venne poscia pubblicato il proclama datato da Torino il 
              quale annunciava che il governo di Vittorio Amedeo I era ristabilito 
              sulle stesse basi che aveva nel 1790 (cioè di governo assoluto) 
              e sotto questa forma di governo Basaluzzo visse sino al marzo 1847. 
            
             La Parrocchia di Basaluzzo viene nuovamente aggregata alla 
              ripristinata diocesi di Tortona
            Già osservammo poco fà, come la Parrocchia di Basaluzzo, 
              sia per condizioni economiche, o politiche dovette sotto il governo 
              Francese mutare di ecclesiastica obbedienza e cioè veder 
              soppressa la sua vetusta Diocesi che vantava la sua origine fin 
              dai tempo Apostolici, e venire posta sotto la data del 17 Luglio 
              1817 venga a nuova vita ripristinata la Diocesi Tortonese e come 
              la Parrocchia di Basaluzzo sia ritornata a far parte di quel vasto 
              episcopato. Avvenuta la decadenza del governo Francese e la contemporanea 
              ripristinazione del nostro legittimo Re pur ne avvenne la mutazione 
              di quei principii governativi che ci reggevano e parimenti si mutarono 
              le politiche circostanze. Per cui Sua Santità Pio VII d'accordo 
              col Re Vittorio Emanuele meglio provvidero alle esigenze ecclesiastiche 
              di questa nostra Diocesi la quale sia per vastità, sia per 
              vetustà non che per i preziosi e molteplici edifici sacri 
              è annoverata fra le prime dei Regi stati (Piemonte, Savoia 
              e Sardegna). Questo Papa emanò allora la Bolla che si intitolò 
              Beati Petri datata da Roma col 17 Luglio 1817. Pro erectione et 
              circumscriptione Sedium Arci. et Episcop in Dictionibus Aug Regis. 
              In virtù di tale documento la nostra Diocesi risorse a nuova 
              vita - revixit spiritus rius . Questo pontificio rescritto venne 
              pubblicato per mezzo del sig. Arciprete Bolla di Alessandria- subdelegato 
              Apostolico del cardinale Solaro il quale era esecutore apostolico 
              della citata Billa colla quale venne ripristinata la sede Vescovile 
              Tortonese col Capitolo - Seminario - e con nuove assegnazioni di 
              parrocchie, Collegiate, Benefici e luoghi Pii etc. In detta Bolla 
              al N°. 18 delle Parrocchie vengono pure annotate Basaluzzo, 
              Fresonara e Francavilla ed altre che vengono ripristinate a Tortona. 
              Così ristabilita dopo dodici anni, di interruzione, la vetusta 
              cattedra di S. Marziano nel 1819 riebbe ancora il suo Vescovo, ma 
              non nella persona di Mons. Pio Bonifacio Fossati si bene in quella 
              di Mons. Carlo Francesco Carnovale nobile e patrizio Tortonese il 
              quale fu il novantasettesimo dei successori dell'Episcopato di S. 
              Marziano. 
             Il Castello di Basaluzzo dai Grillo vien ceduto al Duce 
              di Mondragone
            In questo giro di tempo, la proprietà del Castello di Basaluzzo, 
              salvo la parte che apparteneva già al Comune stesso, viene 
              ceduta la rimanente parte della famiglia Grillo altra dello stesso 
              stipite che portava lo stemma e il titolo Duca di Mondragone . Con 
              questo proprietario sia in forza di leggi governative emanate sia 
              per vendite, o cessioni di regioni da esso fatte, i diritti feudali 
              cessano e subentrano i diritti dell'Ente Comune ora chiamato Municipio 
              il quale, per amor del vero, seppe sempre conservarsi in una certa 
              tal quale agiatezza a fronte di molti altri della nostra Provincia. 
              E ciò torna a lode di chi man mano succedette nella pubblica 
              Comunale amministrazione. 
             Poscia diviene proprietà del Conte Rolla
            Dopo il Duca di Mondragone cedette alla famiglia del Conte Rolla 
              la parte a lui spettante del Castello e dei fondi prativi, campivi 
              e vignativi di Basaluzzo; il quale in quel periodo di tempo diede 
              incremento all'agricolura dirigendo le agrarie operazioni con amore 
              ed attività, ma dopo parecchi lustri venne nella determinazione 
              di farne vendita a dettagli a vari Particolari di Basaluzzo. Questo 
              frazionamento di beni fu una potente molla per lo sviluppo della 
              Basaluzzese agricoltura, perchè questi proprietari laboriosi 
              ed a questa nobile arte inclinati non che intelligenti vienmeglio 
              crebbero in agiatezza o floridezza. 
             Parte del Castello di Basaluzzo dal Conte Rolla passa ai 
              Moncalvo
            Fra questi Proprietari o particolari Basaluzzesi che combinarono 
              contratto col Conte Rolla si annovera la Famiglia dei Moncalvi i 
              quali fecero acquisto con diversi fondi della sua parte in cui tenevano 
              la sua sede gli Uffici Comunali. 
             Porzione del Castello dai Moncalvi vien venduta al Dotto 
              De Dauli
            Tennero la porzione di questo Castello i Moncalvo per alcuni lustri 
              quindi ne fecero la vendita alla famiglia Dotto De Dauli. Questa 
              si pose a ripararlo dalle ingiurie subite dau secoli ed abbellirlo 
              alquanto non tenendo grande cura dell'ordina antico che un tale 
              edificio tanto vetusto meritava, però la arricchirono di 
              un magnifico scalone che mette in una vasta sala, e cintarono parte 
              del sottostante frutteto e fecero pure altre migliorie ed adornamenti. 
              La famiglia Dotto De Dauli però soffriva a malincuore la 
              soggezione, servitù di passaggio che aveva il Municipio di 
              Basaluzzo nell'antica porta castellana d'ingresso per recarsi nella 
              porzione che a quel Municipio apparteneva e d'altra parte non riusciva 
              nè estetico nè architettonico l'aprirsene una seconda. 
              Un altro inconveniente poi lo presentava l'accidentalità 
              stessa del terreno su di cui il Castello si erge, giacchè 
              tra la Chiesa Parrocchiale ed il Castello evvi pochissimo spazio, 
              ed aggiungi ancora che fra questi due edifici, in angusta convalle 
              formata dal Vallone, scorre la strada Comunale di circonvallazione 
              che viene ad allacciarsi alla strada Provinciale Novi-Ovada stessa. 
              Conviene pure osservare sull'ingresso del Castello e della Chiesa 
              che la sinuosità di questa strada non potevasi togliere se 
              non col permesso del Municipio ed una costosa elevazione di terreno 
              del Muncipio. Posta questa condizione di cose non restava altro 
              al Dotto De Dauli, che trattare col Comune affinchè gliene 
              facesse la vendita onde rimanesse unico proprietario del Castello 
              e di togliersi la vessatoria servitù di passaggio dalla stessa 
              porta castellana. 
             Dotto De Dauli divien proprietario unico del Castello
            Propose infatti accettabili prosposte al Municipio, ma non approdarono 
              a buon fine. Senonchè nel 1875 si presentò in vendita 
              la solida ed abbastanza ampia casa posta sulla via principale Umberto 
              I che porta il numero civico 9 ed il Dotto De Dauli l'acquistò 
              e la propose al Municipio in permuta colla porzione del castello. 
              Il Consiglio comunale ravvisando la proposta accettabile sotto ogni 
              rapporto scesa al pubblico contratto con atto rogato dal not. Rocca 
              nell'anno 1875 col quale dismise la porzione a lui spettante al 
              Dotto il quale così restò unico padrone di esso. 
             Moti ed innovazioni politiche sociali del 1847
            Seguendo il filo storico della nostra narrazione sul comune di 
              Basaluzzo, dirmo che le vicende poltiche sociali dal ritorno del 
              nostro re sino al 1847 passarono calme, se si eccettuano i moti 
              insurrezionali, avvenuti in varie parti del Piemonte per ottenere 
              il governo Costituzionale invece del Governo assoluto. Ma in quest'anno 
              (1847) si suscitò grande entusiasmo per tutta l'Italia, per 
              l'assunzione al trondo ed al Pontificato del Papa Mastai Ferretti 
              che prese il nome di Pio IX. Questo generoso Papa aveva accordato 
              ai suoi popoli della Romagna e di tutto lo Stato della Chiesa (come 
              avveniva allora appellato) un amnistia, ed inoltre aveva concesso 
              alcune riforme utili ai suoi sudditi per cui il suo nome risuonava 
              da un capo all'altro della nostra Penisola e pareva che Italia tutta 
              si scuotesse da un lungo letargo. Anzi sembrava che vi ritornasse 
              ai begli ideali del feudatario di Basaluzzo Papa Giulio II (Giuliano 
              della Rovere) il quale sovente ripeteva "Fuori il barbaro dall'Italia!..." 
              . Ed ecco che da ogni parte gridavasi: "Viva l'Italia!... Viva 
              Pio nono - morte agli austriaci". Il re del nostro Piemonte 
              che sino al 1821 e nel 1831 già aveva addimostrato di parteggiare, 
              come principe, per la libertà d'Italia e per la sua indipendenza, 
              emanò nel 1847, come nostro re, varie riforme circa il modo 
              di amministrare la giustizia e governare i suoi popoli e l'anno 
              successivo poi pubblicò la Costituzione e lo Statuto, con 
              la quale dichiaravasi che tutti i suddii dei suoi Stati erano eguali 
              dinanzi alla Legge. Fu da questo punto che Basaluzzo coll'intero 
              Piemonte e Sardegna mutarono regime di governo ed il vivere sociale 
              fece passaggio dal governo assoluto al governo Costituzionale sotto 
              il quale perdura tuttodì. 
             Prima guerra per l'Indipendenza d'Italia
            Intanto Re Carlo Alberto pensò anche ad organizzare ed a 
              provvigionare il suo esercito per la guerra dell'indipendenza italiana. 
              Nel mese di Marzo del 1848 si pose alla testa di circa centomila 
              combattenti per recare soccorso all'insorta Milano che sulle barricate 
              si batteva con la guarnigione Austriaca da cinque giorni. Pensava 
              egli che tutti gli altri stati d'Italia pur essi avrebbero mandato 
              un contingente armato in suo aiuto. Infatti il re di Napoli spediva 
              sedici mila uomini nella Lombardia, e accortosi che si minacciava 
              una rivoluzione nei suoi Stati egli richiamò i suoi e colla 
              forza acquietò i tumulti e ristabilì l'ordine turbato. 
              Anche il Papa re Pio IX spedì un generale che era il Durando 
              alla testa di diecimila Romani; allora tutti credettero che il Pontefice 
              re si decidesse a fare come il suo predecessore Papa Giulio II e 
              che volesse rendere l'Italia Una, libera ed indipendente. Tanto 
              è vero che il Re Carlo Alberto pubblicava in quei giorni 
              un proclama nel quale diceva: "Fidente in Dio e nella santità 
              della nostra causa, fidenti in Pio IX ecc..." Ma invece si 
              venne poi a sapere che il Papa inviava quei diecimila unicamente 
              per difendere gli Stati Pontifici con ordine di non oltrepassare 
              i confini. Non si sa poi quale sia stata la vera cagione che abbia 
              invece indotto il generale ad entrare in Lombardia che si azzuffasse 
              coi Tedeschi e gliene toccasse la peggio. Anche il Gran Duca di 
              Toscana mandò seimila uomini in aiuto di Carlo Alberto; i 
              quali però non si poterono unire coll'esercito Piemontese 
              perchè prima che una tale unione si effettuasse, vennero 
              alle prese gli Austriaci e dopo valorosa difesa sopraffatti dal 
              maggior numero di combattenti, ne rimasero sconfitti. Il nostro 
              Re rimase solo in tanta impresa. Tuttavia la sorte delle armi gli 
              fu propizia e riportò molti vantaggi sopra gli Austriaci 
              i quali dovettero rinculare su di tutta la linea di battaglia oltre 
              il fiume Mincio per trovasvi una posizione di difesa che loro concedere 
              il tempo ad aspettare i rinforzi dalla Germania. Questi giunsero 
              ed allora il vegliardo generale Radetzky uscì ad incontrare 
              i Piemontesi e dopo alcune battaglie fatte con vario evento, l'esercizio 
              nostro dovette ritirarsi ripassando il Ticino dopo però di 
              aver firmato un armistizio. L'Imperatore d'Austria però, 
              per quanto apparisse vittorioso, si vide a mal partito perchè 
              mentre la Lombardia si era sollevata eroicamente, sorretta dalle 
              armi Piemontesi, avvenne che in Vienna e nella Boemia il popolo 
              si era rivoltato e voleva innovazioni da quel governo. Fu allora 
              che mentre si stava colle armi sospese, l'Imperatore offrì 
              al Re Carlo Alberto di concedergli la Lombardia sino al Mincio: 
              ma i Ministri Piemontesi, animati dal successo delle armi concepirono 
              maggiori speranze e ricusarono l'offerta e pretendevano di non solo 
              avere la Lombardia ma pu anco il Veneto. Intanto si avvicinava la 
              primavera del 1849 e Carlo Alberto non aveva perduto nè il 
              valore nè la speranza di vincere, e perciò mandò 
              a denunziare all'Imperatore d'Austria il termine dell'armistizio 
              ed entrò nuovamente in guerra con le sole sue forze che ascendevano 
              di centomila uomini, oltra ad un nucleo di valorosi Lombardi. Avvenne 
              poi la giornata campale di Novara dove il Re coi suoi due figli 
              fecero prodigi di valore, ma in seguito al tradimento del gentile. 
              Ramorino toccò a noi la peggio. Dopo questo avvenimento Carlo 
              Alberto abdicò alla corona a favore del suo primogenito Vittorio 
              Emanuele. Immerse nel più profondo dolore partì subito 
              alla volta di Oporto ove morì il 26 luglio 1849. 
             Seconda guerra per l'indipendenza
            Basaluzzo alloggia un regg. della Guardia Imperiale di Napoleone 
              III Venne incoronato il nuovo Re Vittorio Emanuele e si ebbe la 
              pace sino al 1859 ma questa pare che fra il Piemonte e l'Austria 
              si era conchiusa si può considerare come una lunga tregua 
              armata, poichè da ambi le parti continuarono tali animosità 
              che chiunque poteva giudicare che i due avversarii non si erano 
              riconciliati. L'idea di formare un sol regno di tutta Italia signireggiava 
              in tutti gli animi per poco culti, e fece battere i cuori di amor 
              patrio. Questa idea d'indipendenza, da tanti secoli vagheggiata 
              era come un fuoco sotto la cenere che non attendeva altro che un 
              soffio per avvamparsi. In questo frattempo frequenti dispacci venivano 
              scambiati fra Re Vittorio Emanuele e l'Imp. Napoleone III. Eravamo 
              sul finire del 1858, e spuntava l'alba del 1859 allorchè 
              il barone Hubner, che era l'ambasciatore austriaco a Parigi, si 
              ercò col corpo diplomatico alla reggia di Bonaparte pel ricevimento 
              solenne del Capo d'anno ed avvenne che in quella circostanza prima 
              che il barone prendesse commiato, Napoleone gli rivolgeva parole 
              le quali da taluni astanti vennero interpretate per una semplice 
              rimostranza verso l'Austria, ma da altri vennero intese come un 
              indizio di prossima guerra ed il fatto poi ne addimostrò 
              la verità. Il Piemonte continuò ad armarsi, e la Francia 
              si collegò coi Piemontesi contro l'Austria. Le grandi potenze 
              d'Europa allora tentarono di riunire un Congresso onde riuscire 
              di assestare le cose d'Italia senza spargimento di sangue. L'Inghilterra 
              fece ogni sforzo per riconciliare le parti contendenti. Ma malgrado 
              tutti gli sforzi, questi tentativi di mantenimento di pace a nulla 
              riuscirono. Successivamente il giorno 23 di aprile, l'Austria minacciò 
              di invadere il Piemonte se fra tre giorni nno veniva ad un disarmamento 
              generale. Rifiutossi Vittorio Emanuele di assoggettarsi a così 
              fatte pretese e la guerra venne dall'Austria dichiarata alli 26 
              dello stesso mese. In questo stesso giorno cominciarono ad arrivare 
              truppe Francesi si per mare che per terra. I migliori generali di 
              quella guerresca nazione guidavano i loro corpi d'armata, lo stesso 
              imperatore Napoleone III era alla testa del suo esercito. Mentre 
              che sua i contrapposti, che gli alleati si mettevano in ordine di 
              battaglia avvenne qualche zuffa ma la prima giornata d'armi non 
              avvenne che il giorno 20 Maggio a Montebello presso Voghera e Casteggio 
              i quali luoghi già furono celebri per le vittorie riportate 
              da Annibale contro i Romani, e da Napoleone I in principio di questo 
              secolo contro i Tedeschi ivi gli Austriaci ebbero la peggio alli 
              30 Marzo fuvvi altra battaglia a Palestro e qui pure la vittoria 
              sorrise all'Italia. Altra più importante giornata fu il 4 
              giugno in cui gli Austriaci vennero vinti a Magenta, e dopo tale 
              vittoria l'imperatore dei Francesi ed il Re di Piemonte entrarono 
              a Milano il giorno 8 Giugno. Nel successivo giorno gli alleati riportarono 
              altra splendida vittoria presso il bordo di Melegnano o Marignano. 
              Ma la giornata decisiva fu a Solferino ed a S. Martino, due prossimi 
              al fiume Mincio il quale divide la Lombardia dal Veneto. In questa 
              battaglia stavano di fronte duecento mila combattenti da ambi le 
              parti, distesi su di venti chilometri in linea di combattimento. 
              L'esito ne fu che gli alleati restarono padroni del campo. Il giorno 
              8 Luglio venne conchiuso un armistizio fra i contendenti a Villafranca 
              per otto giorni per dare sepoltura ai cadaveri, trasportare i feriti 
              e riparare ai guasti toccati da ambi le parti in si memoranda giornata. 
              (La leggendaria impresa di Garibaldi nella Sicilia principalmente 
              coi suoi Mille a Marsala, Calatafimi. Ed il Cialdini e Persano della 
              I maniera a Capua, Gaeta ed Ancona non vi contribuirono potentemente?) 
              Durante questa tregua i supremi comandanti alleati proposero un 
              colloquio all'imperatore d'Austria che fu accettato il giorno 11 
              di Luglio a Villafranca ed ivi vennero firmati i preliminari di 
              pace che fu più tardi conchiusa definitivamente a Zurigo 
              città svizzera. Così il Piemonte restò padrone 
              della Lombardia. Questa guerra, che pareva dover durare assai, venne 
              terminata quando meno il mondo politico se lo aspettava. Il resto 
              d'Italia doveva poi unirsi al Piemonte ed alla Lombardia più 
              per lavorio diplomatico che per forza di eserciti come infatti avvenne. 
              Mi occorre di osservare che allorquando Napoleone III venne in Italia 
              divisò di porre il suo quartier generale in Alessandria e 
              Vittorio Emanuele aveva trasportato il suo a S. Salvatore. Fu in 
              quell'epoca che la brigata dei Volteggiatori della guardia imperiale 
              prese alloggio a Basaluzzo e parte a Fresonara e tano in questo 
              paese quanto in quello venne loro fatta quella accoglienza che giustamente 
              si meritavano quegli alleati che venivano a spargere il loro sangue 
              per la libertà della nostra Patria*.
             Le successive annessioni col motto "Italia e Vittorio 
              Emanuele"
            Succedettero di poi i seguenti plebisciti. Prima della Toscana 
              dei già Ducati di Parma e di Modena, della Romagne, di poi 
              Napoli colla Sicilia, queste regioni tutte si diedero in dedizione 
              al Re Vittorio Emanuele che perciò venne proclamato dai poteri 
              dello stato Re d'Italia. Quindi succede la grande sconfitta toccata 
              agli Austriaci dai Prussiani a Padova; ed al Re d'Italia viene da 
              questo fatto appianata la via che lo conduce a Venezia vagheggiata 
              da tanto tempo. Più tardi per altra sconfitta toccata ai 
              Francesi dagli stessi Prussiani Vittorio Emanuele entra in Roma 
              capitale dell'Italia ed il sommo Pontefice rimane in Vaticano nella 
              stessa Roma capitale spirituale della Cattolicità dell'intero 
              mondo. Il Re d'Italia così proclamò al Popolo: "Con 
              Roma capitale d'Italia fu sciolta la mia promessa e coronata l'impresa 
              che ventitrè anni or sono veniva iniziata dal Magnanimo mio 
              Genitore: l'Italia è libera ed una, ormai non dipende più 
              che da voi il farla grande e felice. Vittorio Emanuele" Il 
              prode Re morì in Roma il 9 gennaio 1878 e la sua salma ora 
              riposa nel Pantheon ed il 7 febbraio successivo venne pure a morte 
              il grande Pontefice Pio IX; quegli, nel Quirinale, questi nel Vaticano. 
              Fu successore del primo, Re Umberto e del secondo, Papa Leone XIII, 
              che entrambi nella eterna Città felicemente regnano sopra 
              i destini dei loro popoli. 
             Il Castello di Basaluzzo dalla famiglia dei De Dauli viene 
              ceduto ai Negrotto
            Nel 1883 questo storico Castello, che era di intiera proprietà 
              della famiglia Dotto De Dauli, per aver essa fatto acquisto, e permutato 
              col Municipio, per la parte che esso possedeva, viene (come già 
              osservammo) in proprietà del Marchese Pier Luigi Negrotto-Cambiaso 
              nobile ed antica famiglia patrizia Genovese, la quale fece eseguire 
              in esso vari lavori di riduzione conservando l'estetica, e l'ordine 
              architettonico antico, lo arredarono nelle ampie sale ed appartamenti, 
              con molto buon gusto e con squisita eleganza, lo arricchì 
              un sottostante ed utile frutteto; sicchè ai giorni nostri 
              egregiamente si presta sotto tutti i rapporti estetici, e a servir 
              loro di comodo e geniale soggiorno e di vaga villeggiatura nell'estiva 
              stagione. 
             Sunto sintentico delle varie fasi di governo e dipendenze 
              politiche che ebbe a subire Basaluzzo dal suo immemorabile sorgere 
              sino ad oggi
            Nei tempi immemorabili, di cui la storia appena ci presenta scarse 
              notizie sino all'anno 170 avanti Cristo, Basaluzzo viene compreso 
              nella Tribù ligure delli Statielli. Dall'anno 170 av. Cristo 
              al 476 dopo Cristo, stette subordinato e formò parte della 
              mondiale Repubblica e poi dell'Impero Romano. Dal 477 al 937 durante 
              la dominazione dei re stranieri si trovava sotto la giurisdizione 
              della città di Gamondio, che è l'odierno Castellazzo 
              Bormida. Nel 938 Basaluzzo vien posto sotto la città di Pavia 
              in quest'anno Adelaide (che poi venne santificata) figlia del Re 
              Rodolfo di Borgogna e moglie di Lottario ebbe in dote Basaluzzo 
              con molte altre Cortes o paesi muniti di Castello e di Parrocchia. 
              Morto Lottario passò a seconde nozze con Ottone I Imperatore. 
              Adelaide Imperatrice alla sua morte fa donazione di Basaluzzo agli 
              abati di S. Salvatore di Pavia e nell'anno 1000 l'abate di quel 
              monastero ne venne investito dall'Imp. Ottone III. In tal modo Basaluzzo 
              divenne un feudo di quei monaci, ma governativamente soggetto sempre 
              a Pavia. Però questo feudo era compreso in quella categoria 
              che il suo signore percepisce solo le diverse tasse a lui aspettanti 
              Sed Homines erant liberi. In prova di ciò che riferiscono, 
              i Basaluzzesi, che si reggevano coi loro Consoli nel 1179 o giù 
              per lì, si collegarono con la nascente città di Alessandria, 
              disponendo liberamente del loro Castello e di se stessi, senza menomamente 
              ledere i diritti feudali, ossia la percezione di quelle stabilite 
              tasse che erano dovute agli investiti P.P. di San Salvatore di Pavia 
              le quali erano su per giù quelle tasse che ora si pagano 
              all'Ente Comune. Nel 1249 i suindicati diritti sono ceduti alla 
              Repubblica Alessandrina e dalla giurisdizione di Pavia si togle 
              per far vita comune con Alessandria sino al 1513, ed in quello anno 
              essendosi estinta quella Repubblica venne compreso Basaluzzo, nel 
              Ducato di Milano seguendo la sorte toccata ad Alessandria. Dal 1514 
              al 1521 fu in dominio della Francia. Dal 1522 al 1535 di nuovo fece 
              parte del Ducato di Milano. Dal 1536 al 1557 fu sotto l'impero d'Austria. 
              Dal 1555 al 1700 sotto la Spagna. Dal 1701 al 1706 (8 nov.) di nuovo 
              in dominio della Francia. Dal 9 nov. 1706 al 8 Marzo 1707 in dominio 
              dell'Austria, dal 1707 al 1798 stette sotto al Principato del Piemonte 
              governato dalla Real dinastia di Casa Sabauda. Dal 1799 al giugno 
              1814 stette ancora sotto il Dominio della Francia, accettati nove 
              mese continui, cioè dall'Ottobre del 1799 e successivi passati 
              sotto la dinastia di Casa Savoia. Dal Luglio 1814 ad oggi 1895 trovasi 
              sotto la stessa dinastia. 
             Obbedienza ecclesiastica prestata da Basaluzzo dal principio 
              del Cristianesimo sino ad oggi
            In quanto all'obbedienza ecclesiastica o spirituale sempre dipendente 
              dalla cattedra di S. Marziano cioè dalla Diocesi di Tortona, 
              dall'esordire del cristianesimo dai tempi Apostolici, sino all'attuale 
              Centesimo Vescovo Mons. Igino Bandi. Conviene però annotare 
              che nel breve intervallo dell'ultima dominazione Francese, e dal 
              1805 al Luglio 1815 da quel governo venne soppressa la Diocesi Tortonese 
              e la parrocchia di Basaluzzo fece passaggio alla Diocesi Acquese 
              e quindi ripassò ancora alla ripristinata Diocesi di Tortona. 
              In quanto ha tratto alla cura di anime locali osserveremo che da 
              tempo immemorabile Basaluzzo fece sempre parrocchia da sè 
              i di cui titolari appellavasi in antico col titolo di "Prae 
              beo" di poi vennero detti "Curiones" cioè 
              capi plebe da "Yaos plebe" quindi presero il nome "Rectore" 
              direttore di anime; col sorgere dell'italiana favella si dissero 
              Rettori attualmente nelle parrocchie di qualche considerazione si 
              di rendita come per numero di popolazione su chiamavano Prevosi 
              dal latino "Pre positus" per indicare il Capo spirituale 
              della parrocchia e finalmente alcune parrocchie si fregiano col 
              titolo di Arciprete.
             Passaggio di proprietari che subì il Castello di 
              Basaluzzo  
            Avrà osservato, il paziente lettore che mi ha seguito sino 
              a questo punto della mia narrazione, che il Castello di Basaluzzo 
              sin dai tempi immemorabili degli Statielli, e poscia della Romana 
              dominazione, fu sempre del suo popolo che ognora governossi in quel 
              giro di tempo con regime Consolare78. Il Comune di Basaluzzo conservò 
              ancora una tal forma governativa sotto gli Imperatori Ottone I - 
              II - III come ci viene osservao dagli storici di allora79. È 
              vero che S. Adelaide donò Basaluzzo agli abati Benedettini 
              di S. Salvatore di Pavia, ma accordò loro solo l'esigenza 
              dei diritti feudali gli uomini ed il loro Castello vennero serbati 
              liberi. I monaci poi vendettero l'esazione di quelle tasse e balzelli 
              agli Alessandrini; già collegati ai Basaluzzesi, conservando 
              ognora la liberà ed il loro Castello. Fu nel 1467 che la 
              Repubblica d'Alessandria quando si sottopsoe a a Milano cedette 
              il Castello di Basaluzzo a Pietro Franc. Visconti e questa epoca 
              che segna il principio del vero feudalismo per Basaluzzo, che vi 
              si esercitava colle leggi del misto e puro imperio e coi diritti 
              di spada. Nel 1497 il Castello ed il Comune di Basaluzzo venne preso 
              colla forza dalle armi da Giuliano della Rovere79bis. Questa famiglia 
              poi nel 1634 lo vendette ad Agapito Grillo; quindi passò 
              ai Grillo Duchi di Mondragone; questi lo vendettero al Conte Rolla 
              e con questa famiglia cessa la feudalità di Basaluzzo, ed 
              il Castello diviene in proprietà, in parte del Municipio, 
              ed in parte della famiglia Moncalvo la quale poi lo vendette a Dotto 
              De Dauli il quale divenne padrone, poscia, anche della porzione 
              del Comune e lo vendette interamente all'attuale proprietario Marc. 
              Negrotto-Cambiaso Pier Luigi nel 1883.